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Gli effetti della pandemia sulle locazioni commerciali in Italia

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Sappiamo tutti che l’attuale emergenza sanitaria ha portato alla chiusura forzata di attivitá commerciali nel necessario tentativo del Governo di ridurre i contagi ed arginare la circolazione del virus.

Le restrizioni relative alla libera circolazione di persone sul suolo nazionale (si pensi al divieto di spostarsi tra le diverse regioni), ai divieti di assembramenti, al coprifuoco nonché le difficoltá produttive e logistiche venutesi a creare nell’ambito delle esportazioni internazionali, hanno portato a perdite economiche non indifferenti per molti commercianti e ristoratori.

A ció si é altresí associato un crollo della domanda di beni e servizi sia in Italia che all’estero.

Il Governo italiano ha introdotto una serie di disposizioni (prima tra tutte il decreto del 17 marzo 2020 c.d. “Decreto Cura Italia”) che mirano a contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica nell’area socio-economica anche attraverso incentive fiscali a sostegno delle famiglie ed imprese con problemi di liquiditá finanziaria.

Tuttavia, detti interventi governativi, quale un bonus a parziale ristoro nel canone di affitto per i titolari di partita IVA, non é sufficiente a risolvere il problema di artigiani e commercianti che non riescono a far fronte al canone di locazione.

In assenza di normative che sollevino dall’adempimento degli obblighi contrattuali, quale é l’approccio della giurisprudenza?

Un importante precedente giuridico é l’ordinanza emessa dal Tribunale Ordinario di Roma, sezione V civile, il 29 maggio 2020.

Nel caso in oggetto, il ricorrente aveva acquisito un ramo di azienda comprensivo di una sere di diritti, tra cui la vendita al dettaglio, nell’area di un centro commerciale in cambio del pagamento di un canone mensile.

Conseguentemente allo scoppio della pandemia, il ricorrente era stato costretto alla chiusura della sua attivitá commerciale per i mesi di lockdown e, pertanto, non aveva liquiditá sufficiente per far pagare il canone di locazione.

Il Giudice richiamava l’Art. 1256 del Codice Civile che prevede l’estinzione dell’obbligazione contrattuale laddove, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Tuttavia, il Giudice aveva ritenuto detta impossibilitá “parziale” in quanto l’affituario non avrebbe potuto svolgere la sua attivitá di vendita al pubblico ma avrebbe comunque potuto utilizzare lo spazio in locazione come deposito della merce o per altri usi analoghi.

Aveva altresí ritenuto l’impossibilitá “temporanea” poiché la vendita al dettaglio era stata limitata solo per il periodo di lockdown.

Inoltre, la prestazione di pagare il canone di affitto non poteva essere giuridicamente dichiarata “impossibile”.

Per i motivi di cui sopra, il Giudice riteneva che la ricorrente avesse diritto ad una riduzione del canone (ex art. 1464 c.c.) limitatamente al solo periodo di impossibilitá parziale.

Una pronuncia analoga é stata quella del Tribunale di Venezia con ordinanza 28 luglio 2020.

Il Giudice infatti osservava l’impossibilitá soltanto parziale di godimento dell’immobile e confermava che la morositá era dovuta all’effettiva contingenza derivante dall’emergenza sanitaria, piuttosto che ad una reale volontá di non adempiere.

Pertanto, il Giudice ordinava che venisse rideterminato l’importo del canone per il periodo di lockdown.

Anche la sentenza del Tribunale di Roma del 27 agosto 2020 rappresenta un importante precedente giuriziario.

Nel caso di specie, un ristoratore aveva lamentato che il proprietario del locale non avesse ottemperato all’obbligo di rinegoziare i termini contrattuali alla luce della crisi sanitaria e delle relative conseguenze, tramite ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c..

Il Giudice accoglieva la domanda del ristoratore disponendo la riduzione del canone di locazione del 40% per i mesi di lockdown e del 20% per i mesi giugno 2020 – marzo 2021. Aveva inoltre ordinato la sospensione della garanzia fideiussoria fino ad un determinato importo.

L’art. 1467 del Codice Civile prevede infatti che, laddove la prestazione di una della parti divennisse eccessivamente onerosa a seguito di avvenimenti straordinari e imprevedibili, é possibile richiedere la risoluzione del contratto. Alternativamente, la parte contro cui viene depositata la domanda di risoluzione, potrebbe offrire di modificare equamente le condizioni del contratto.

In conclusione, considerando l’assenza di normative specifiche, nonché il principio di conservazione del contratto previsto dalla legge italiana, é altamente consigliabile che le parti in disputa cerchino ci mediare un accordo transitivo inter-partes.

Chiaramente, laddove i tentativi ufficiosi delle parti non portino agli esiti sperati, l’intervento di un avvocato esperto potrebbe agevolare le trattative di negoziazione in vista di un accordo transattivo con il quale le parti pongano fine ad una lite, o la prevengano, facendosi reciproche concessioni.

Esclusione di responsabilitá: il presente articolo ha il solo scopo informative e non é da intendersi come consulenza legale. Una consulenza professionale deve essere essere ottenuta prima di applicare qualsiasi informazione a circostanze particolari.

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