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Il "principle of scission" di common law.

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«Il “principle of scission” di common law all’esame delle Sezioni Unite: alcuni spunti in tema di successioni transnazionali e Regolamento UE n. 650/2012»

Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 2867 del 05.02.2021 hanno esaminato alcune problematicità derivanti dall’applicazione del cd. “principio della scissione”, previsto dalle norme consuetudinarie di common law, nel contesto di una successione transnazionale. In applicazione del richiamato principio, dichiarato non incompatibile con il principio di unitarietà della successione di matrice nazionale, le Sezioni Unite affermano che quando la successione dei beni mobili e immobili è regolata da leggi nazionali diverse (lex rei sitae per gli immobili mentre legge del domicilio del de cuius per i mobili), questa è quindi soggetta a differenti regole di vocazione e delazione ed anche in ordine alla validità e efficacia del testamento. La sentenza stimola anche alcuni spunti di riflessione sul funzionamento del Regolamento UE n. 650/2012.

1. La sentenza delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite, innanzitutto, chiariscono che la lex successionis abbraccia tutti i tre momenti in cui si articola il procedimento successorio: quello della devoluzione, quello della trasmissione ereditaria dei beni e quello della divisione. Ne deriva che anche la validità e l’efficacia del titolo successorio (ovvero del testamento), quindi, sono ricomprese nella materia successoria.

Con riguardo al tema della compatibilità del principio di common law della scissione con l’ordinamento italiano, in particolare con il principio di unitarietà della successione contemplato dall’art. 46 L. 218/1995, le Sezioni Unite affermano che quest’ultimo non è inderogabile, anzi la sua operatività risulta attenuata dall’art. 13 della stessa L. 218/1995 che disciplina il meccanismo del rinvio. La conseguenza sul piano pratico è quella di ritenere applicabile, relativamente agli immobili siti in Italia, la legge successoria italiana.

In applicazione di quanto sopra, le Sezioni Unite giungono alla conclusione che il rinvio operato dalla legge inglese a quella italiana, limitatamente ai beni immobili siti in Italia, determina l’apertura di due successioni e la formazione di due distinte masse (una comprendente i beni mobili e l’altra i beni immobili siti in Italia), ognuna assoggettata a differenti regole. La legge italiana, quindi, dovrà essere applicata con riferimento a tutti gli aspetti successori relativi ai beni immobili siti in Italia, inclusi i presupposti, le cause, i modi e gli effetti della revoca del testamento.

2. Alcune precisazioni alla luce della Legge 218/1995

Seppur non esplicitato, ma pur sempre desumibile dagli artt. 47 e 48 L. 218/1995, la sentenza in commento non tocca la diversa questione della legge applicabile alla capacità a testare né ai requisiti di forma del testamento e della sua revoca.

L’art. 48, in particolare, si occupa della legge che regola la validità “formale” del testamento, concetto che va tenuto distinto dalla validità sostanziale dello stesso (oggetto invece di esame da parte delle Sezioni Unite). Il testamento, infatti, oltre a dover rispettare certi requisiti di forma deve anche contenere disposizioni che siano lecite e possibili (ad esempio, un testamento scritto d’intero pugno dal testatore è certamente valido, quanto alla forma, ai sensi dell’art. 602 c.c., tuttavia non avrebbe alcun effetto qualora includesse una istituzione di erede a favore dell’animale domestico).

L’articolo in questione, quindi, individua i criteri di collegamento da utilizzarsi al fine esclusivo di individuare la legge che disciplina la forma del testamento. A tal scopo l’art. 48 stabilisce che è sufficiente che il testamento sia formalmente valido secondo una delle leggi indicate affinché “possa” produrre i suoi effetti. Medesime regole dovrebbero applicarsi anche in caso di revoca.

3. La sentenza delle Sezioni Unite alla prova del Regolamento UE 650/2012 del 4 luglio 2012

Le Sezioni Unite risolvono le questioni sottoposte sulla base della l. 218/1995, escludendo l’applicazione del più recente Regolamento UE n. 650/2012 del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo, per due ordini di ragioni: (i) ratione temporis, in quanto il Regolamento UE 650/2012, ai sensi del suo art. 83, si applica alle successioni delle persone decedute a partire dal 17 agosto 2015 (la successione in questione si è aperta diversi anni prima); (ii) non rileva comunque per il mancato opt-in del Regno Unito.

La seconda motivazione porta a pensare che, secondo le Sezioni Unite, il Regolamento UE 650/2012 venga in rilievo solamente nell’ambito di successioni intra Unione Europea (escluse, peraltro, Irlanda e Danimarca).

Per quanto riguarda il riconoscimento, esecutività ed esecuzione di decisioni emesse da un organo giurisdizionale straniero, ad esempio, si condivide l’affermazione delle Sezioni Unite, in quanto il capo IV del Regolamento chiaramente si applica alle sole decisioni provenienti dagli Stati membri. Diversa opinione, tuttavia, deve esprimersi nel contesto della legge applicabile. La formulazione del Regolamento (in particolare gli artt. 20, 21, 34, 36, 37) non sembra lasciare dubbi sul fatto che le sue disposizioni sono chiamate a funzionare anche nell’ipotesi in cui vengono in rilievo elementi di transnazionalità non confinati all’Unione Europea. L’art. 21.1, ad esempio, prende in considerazione la residenza del de cuius, sia essa posta in qualunque Stato, appartenente o meno all’Unione Europea.

In realtà, quindi, il Regolamento UE 650/2012 ha sostituito la L. 218/1995 per quanto riguarda la materia successoria, o meglio la disciplina nazionale risulta disapplicata in favore della normativa europea. Non tutte o non sempre le disposizioni della Legge 218/1995 perdono di efficacia, infatti, alcune troveranno ancora applicazione per quegli aspetti (e questi soltanto) non regolati dal Regolamento UE 650/2012 (ad esempio gli artt. 64 e ss. relativi al riconoscimento di sentenze e provvedimenti provenienti da paesi terzi come il Regno Unito).

Ciò detto, occorre ora domandarsi se la soluzione adottata dalle Sezioni Uniti sopravviva anche nel quadro del Regolamento UE 650/2012.

La principale differenza tra il Regolamento predetto e la L. 218/1995 riguarda il criterio di collegamento per l’individuazione della legge applicabile: il legislatore comunitario ha totalmente ribaltato la scelta del legislatore italiano prediligendo il criterio della residenza abituale a scapito della cittadinanza (art. 21.1). E difatti il criterio della cittadinanza viene in rilievo con riferimento all’art. 22 che disciplina la facoltà di scelta (contrariamente all’art. 46, co. 2, L. 218/1995 che utilizza quello della residenza).

Si comprende chiaramente che questo cambio radicale di prospettiva porta soluzioni diametralmente opposte: nel caso di cittadino inglese residente in Italia, infatti, si dovrebbe concludere per l’applicazione della legge italiana a tutta la successione e non solo ai beni immobili.

Quanto alla disciplina del rinvio, l’art. 34 non si discosta molto dall’art. 13 della L. 218/1995. Unica differenza degna di rilievo è costituita dal fatto che la disciplina del rinvio non opera quando, in base ai criteri di collegamento previsti dal Regolamento, risulta applicabile la legge di uno Stato membro. Detto in termini, forse, più chiari questo sta a significare che se la successione è regolata dalla legge di uno Stato membro non si tiene conto delle norme di diritto internazionale privato di tale Stato membro.

Nell’ambito delle successioni testamentarie, il Regolamento disciplina espressamente tanto la validità sostanziale delle disposizioni testamentarie (art. 24) quanto quella formale (artt. 27 – 28).

Con riferimento alla validità sostanziale, il legislatore europeo ha adottato un criterio di collegamento che impone all’interprete di verificare, nella maggior parte dei casi, la residenza abituale del testatore al momento in cui ha fatto la disposizione (quindi non al momento della morte). Anche nel caso di successione testamentaria, il Regolamento fa salva la possibilità per il testatore di scegliere la legge applicabile alla disposizione testamentaria, per quanto riguarda la sua ammissibilità e validità sostanziale, purché tale legge sia quella della sua cittadinanza (art. 24.2 che a sua volta rinvia all’art. 22).

Anche se il Regolamento UE 650/2012 ha sostituito la Legge 218/1995, la sentenza in commento mantiene la sua utilità fungendo da guida per comprendere il meccanismo e le conseguenze della scissione anglosassone.  Seppur sia “cambiato l’ordine dei fattori” (criterio della cittadinanza vs criterio della residenza abituale), il risultato, tutto sommato, non cambia.

Seppur estremamente utile, la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione non chiarisce completamente tutti gli aspetti. Ad esempio, non precisa se le ipotesi di revoca ex lege di una disposizione testamentaria rientrano nel concetto di validità sostanziale della stessa e quindi sono regolate dall’art. 24. Più specificamente, sorge la domanda se, atteso che lo scopo dichiarato dell’art. 24 è quello di garantire certezza del diritto, è compatibile con tale finalità che, in conseguenza del rinvio, una disposizione testamentaria possa restare sostanzialmente valida per alcuni beni mentre divenire successivamente invalida per altri?

Altro aspetto riguarda la posizione dei creditori del de cuius che intendano agire nei confronti dei beni ereditari situati in paesi diversi: dovranno essi agire e procurarsi un titolo esecutivo in ciascun paese oppure, ad esempio, la sentenza ottenuta contro “l’estate” in Inghilterra potrà essere riconosciuta ed eseguita in Italia contro l’erede?

Interventi chiarificatori da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e dai tribunali nazionali sarebbero certamente auspicabili e non si dubita arriveranno in un prossimo futuro.

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